domenica 10 maggio 2015

Il nemico: fuoco sulla brigata Catanzaro

Il 24 maggio di cento anni fa l'Italia entrava in guerra. Una guerra devastante e crudele in cui i moderni mezzi di distruzione furono impiegati su vasta scala dai gas alle mitragliatrici, dalle autoblindo all'aviazione.
In guerra furono costretti milioni di contadini e centinaia di migliaia di  meridionali.
Avevo progettato di scrivere un romanzo, ma la pigrizia mi ha spinto all'indietro.
Per il 24 maggio spero di completare un racconto breve: "Il nemico: fuoco sulla brigata Catanzaro". Una storia romanzata della rivolta dei contadini calabresi, siciliani e pugliesi e la loro repressione prima e decimazione poi.
Il protagonista Michele, Mike l'americano, è un giovane calabrese emigrato in America e rientrato con un biglietto pagato dallo Stato per partecipare al conflitto.

sabato 17 gennaio 2015

Visita delle torri e del castello di Fiumefreddo Bruzio

tenerari tra storia e natura.
25 Dicembre 2014!
Località: Fiumefreddo Bruzio (CS)
Tipo di strada: sterrata e sentiero.
Lunghezza percorso: 6 km, andata e ritorno.
Dislivello: 220 m
Tempo di percorrenza: 3 ore
Adatto: a tutti
La traccia GPS, scaricabile dal sito www.gpsies.cominserendo nella ricerca torri Fiumefreddo Bruzio.
L’itinerario che si propone, attraversa il territorio di Fiumefreddo Marina sino ad arrivare sull’altura a strapiombo sul mare, su cui è costruito il paese di Fiumefreddo Bruzio, uno dei più belli borghi d’Italia.
Il tragitto si sviluppa lungo la vecchia strada Nazionale, una strada ormai priva di traffico a causa delle diverse frane che la rendono poco agibile, il percorso poi continua snodandosi su per l’inerpicante stradina appena costruita, che conduce direttamente al borgo di Fiumefreddo Bruzio.
L’itinerario ha inizio dalla chiesetta di Santa Caterina, costruita vicinissima al fiume Bardano, dalla chiesetta, volgendo lo sguardo verso il campanile, si scorge la punta innevata di monte Cocuzzo che con la sua imponenza protegge la vallata.
Nell’area di Fiumefreddo Marina vi è una grossa concentrazione di torri, case-torri o case agricole fortificate e di palazzi fortificati. Le case-torri o case agricole fortificate, sono delle costruzione a forma di parallelepipedo, utilizzate dai contadini, che vi si asserragliavano all’interno, qualora vi fosse l’avviso di una incursione. Le case-torri, sono riconoscibili, poiché in direzione dell’ingresso hanno le ‘caditoie’ o ‘ietta-massi’ da cui far cadere oggetti, su chi era in prossimità dell’ingresso (difesa piombante), le caditoie si contraddistinguono dalla presenza di pietre, in genere in arenaria, sporgenti dal muro. Altro elemento che caratterizzano le case-torri, sono le feritoie, da cui poter guardare o tirare di ‘schioppo’, il ‘nemico’ dall’interno senza esser visti.
La presenza di tutte queste fortificazioni, in questa piccola area, dimostrare la fertilità e la produttività di quest’area e indica inoltre la difficoltà, che avevano gli abitanti della ‘marina’ di poter raggiungere il borgo fortificato posto sull’altura.
La prima costruzione che incontriamo è il Palazzo fortificato Bardano, una splendida residenza del 17° secolo, priva di tetto e preda di una vegetazione selvaggia, luogo in cui la natura ne dichiara ormai il suo trionfo. Il palazzo fortificato Vardano, resiste ancora nella sua agonia, a causa della presenza dei tralicci dell’alta tensione che non hanno fornito la possibilità di cementificare anche questa zona. Continuando sulla Nazionale, si intravede a malapena, fagocitata dalla ripetitività delle villette estive la torre Bardano, una torre decisamente modificata ed oggi abitata. La torre Bardano ha ancora il coronamento dei beccatelli, ed è a pianta quadrata, edificata nel 16° secolo.
Si continua il percorso, e dopo un paio di tornanti, si intravede alta e slanciata torre Longa, con al suo fianco una palma ‘Phoenix Canariensis’, risparmiata dal temibile punteruolo rosso. La torre è a pianta quadrata, ha delle feritoie disposte sui diversi lati e a diverse altezze, sono ben visibili i beccatelli in arenaria a tre mensole. La torre è stata ribassata della sua altezza. Una antica scalinata in pietra arenaria conduce alla porta d’ingresso, su cui sovrasta la temibile caditoia. La torre oggi è abitata.
Si supera la frana e guardando verso la base della strada lato mare, si vede un piccolo borgo con la bellissima e integra torre del Reggio, la particolarità di questa torre che ha una merlatura di stile ‘araba’, attualmente è abitata. 
A questo punto inizia la stradina appena ripristinata, che conduce al borgo di Fiumefreddo Bruzio, la stradina è stata corredata da un passamano in ferro, da lampioncini e lastricata con pietre locali. La stradina è costruita sul vecchio sentiero che i ‘piscinari’, cioè i pescatori, dalla marina portavano il pesce al paese! 
Man mano che saliamo, la fatica è appagata dalla vista della costa, si intravede San Lucido, Paola, Cetraro, i monti innevati della costiera, la Montea, il monte la Caccia, oggi la giornata è tersa ed è visibile il cono maestoso dello Stromboli che lascia una scia di fumo in un mare privo di vento! 
Il paese ed il castello sono sopra la nostra testa. La prima casa che incontriamo, è nel caratteristico Largo Santa Domenica, la casa ha un portale in arenaria di una semplicità austera che incute rispetto, sopra la facciata vi è una targa in cotto che ricorda la vita di un prete che ha dedicato il suo tempo alla comunità. La curiosità ci spinge a sbirciare il nome sul campanello e a nostra meraviglia, il nome riportato, è un cognome ‘straniero’, il nostro chiacchiericcio, incuriosisce l’abitante della casa che apre il portone, e nella nostra cordialità un po’ sfacciata gli auguriamo una buona giornata, dal breve colloquio apprendiamo che è un pittore-fotografo, la cui patria è la Svizzera, che ha deciso di abitare in questo borgo, da quando la visitato la prima volta! 
Continuiamo lungo le strette e caratteristiche stradine del borgo e raggiungiamo il maestoso e ‘consolidato’ castello, entriamo attraversando il ponte in legno ed attraversiamo il maestoso portale, vaghiamo tra le stanze ‘a cielo aperto’ ammirandone l’architettura e gli intagli nelle pietre. All’interno di una stanza del castello vi sono gli affreschi del noto pittore Salvatore Fiume, che negli anni ’70, porrà anch’egli in questo borgo la dimora! Gli affreschi sono ispirate a scene di allegre e sensuali castellane. 
Il percorso ci conduce alla piazzetta la Torretta, da cui si ammira un ampio panorama, nella paizza vi è una statua (una surfista) sempre dell’artista Salvatore Fiume, continuiamo fino ad un altro bellissimo e panoramico largo nominato La Rupe in cui è installata un’altra scultura ‘La ruota della fortuna’! Il Borgo ha diverse chiese e palazzi da visitare, ma dopo aver sorseggiato un caffè e dialogato con le persone del luogo, ripetendo la solita litania a mo’ di filastrocca, del perché questi luoghi non pullulano di turisti, tiriamo su le spalle ed inspiriamo in un gesto di rassegnazione e riprendiamo la strada del ritorno.
L’escursione di oggi è stata organizzato con il gruppoCamminando Onlus Amantea di Amantea, con Roberta del Rosario, con lo scrittore e storico Mario AloeFrancesco StudioVentinove Naccarato, i miei amatissimi nipoti Antonino LivideGabriella Livide e nipotino Giuliano, e mio cognatoGiovanni Livide! Sempre nell’area della marina di Fiumefreddo, vi sono: il bellissimo ed integro Casino dei Rossi che ha delle merlature arabe di particolare finezza, e torre Cutura 1 e torre Cutura 2 da includere nei futuri itinerari!
Buon Cammino e alla prossima!
link per scaricare la traccia http://www.gpsies.com/mapOnly.do?fileId=wddabaoxeuecuuym&isFullScreenLeave=true































sabato 25 gennaio 2014

La via delle torri: torre San Giovanni e torre della Principessa. Quanta ‘storia’ in pochi ‘tumminati’ di terra

Escursioni tra storia e natura: ‘La via delle torri di avvistamento e difesa’ 
Percorso – Dalla torre San Giovanni di Campora San Giovanni alla torre della Principessa, passando per la contrada Augurato e Mirabella.
Dati tecnici - Il percorso è di circa 10 chilometri, con un dislivello di 200 metri, si svolge su strada sterrata ed asfaltata, è un tragitto ad anello ed è adatto a tutti, percorribile in circa quattro ore! 
Buon cammino!

Quanta ‘storia’ in pochi ‘tumminati’ di terra

Premessa
Queste escursioni o passeggiate si svolgono tra gli uliveti, le macchie mediterranee di mirto e lentisco, tra i rossi corbezzoli e i petali ‘stropicciati’ dei cisti, tra i boschi di leccio o sugherello, su promontori da cui godersi l’ampio specchio di mare del golfo di Santa Eufemia che spazia da capo Vaticano a capo Palinuro, con la visione delle isole Eolie, accompagnati dal profumo ‘giallo’ delle ginestre, o delle zagare degli agrumeti, con la vista di monte Cocuzzo o della Montea o del monte Mancuso, ma oltre questa natura che la terra di Calabria così varia nella morfologia e nella conformazione territoriale, ci offre in modo anonimo e disinteressato strati e strati di storia, accumulatosi nel corso dei millenni. Una storia sepolta sotto pochi centimetri di terra, dimenticata dagli uomini che vi vivono, forse perché ritengono che questo ‘passato’ non gli appartenga o forse perché è ancora troppo breve il tempo che serve a dimenticare un ‘passato’ fatto di sacrifici e stenti, un passato di una ‘Calabria Citra’, un passato feudale e clericale, un lungo medioevo che in questa terra forse è durato troppo!




L’escursione
Questa escursione, si svolge, visitando la torre San Giovanni, passando dalla torre della Principessa e compiendo un percorso ad anello, transitando dalla contrada Augurato e dalla contrada Mirabella.
L’area geografica che attraverseremo ci fornisce strati di storia, accumulatosi nel corso dei millenni, in una terra che ha visto abitanti stanziali o persone in cerca di conquista. 
In questo dolce pendio collinare, esposto al sole del tramonto, si sono susseguiti popoli pre-ellenici, Bretti, della Magna Grecia, dell’impero romano, di contadini ‘fedeli e sottomessi’ ai feudi dei signorotti borbonici o clericali. Uno spaccato di storia che giace sotto pochi centimetri di terra trattenuta o forse preservata dalle radici degli ulivi, dove ogni tanto la lama del vomero, porta alla luce qualche ‘pietra vecchia’ o qualche pezzo di ‘ferro verde’. 

Il percorso ha inizio, dalla torre San Giovanni, collocata nel comune di Campora San Giovanni, la torre è di forma circolare, con un diametro di 9 metri, con scarpa, senza toro di divisione. La data di costruzione risale al 14° secolo, la torre, per la sua mole aveva la funzione sia di avvistamento e di difesa. Tutta la ‘fabbrica’ è inglobata in un nucleo di case aggiunte, ulteriori cambiamenti si sono avuti, a causa delle aperture per mettere in comunicazione le nuove costruzioni. Della torre, si possono ancora osservare, una corona di beccatelli in arenaria a tre mensole, ancora intatti. Questa torre rispetta la logica difensiva, messa in atto durante il periodo viceregnale, di comunicazione visiva, tramite segnali di fumo di fuoco o scoppi, con la torre posta a nord, cioè la torre Coracena e la torre posta a sud, cioè la torre della Principessa.


Lasciamo la torre San Giovanni e si prosegue sulla vecchia Nazionale in direzione sud, di fronte a noi si apre la fertile, piana alluvionale creata dal fiume Savuto e dopo un rettilineo di circa un chilometro, si scorge sopra un piccolo rialzo, la torre della Principessa. 

Si può visitare la torre dall’esterno, e volendo e con un po’ di attenzione al terreno un po’ accidentato, si può raggiungere la base. La torre è a pianta quadrata, si possono scorgere ancora i punti di ancoraggio delle caditoie poste sopra ogni lato, le quali sono state demolite per alleggerire la struttura. La torre è di epoca viceregnale, ed è stata costruita in seguito all’editto del viceré don Pedro Parfan de Ribera duca d'Alcalà che imponeva la costruzione di torre costiere per limitare l’attacco dei saraceni o turchi che provenivano dal mare. 
Sopra il terrazzo in un periodo successivo è stata realizzata una ulteriore costruzione in muratura. Sulla porta d’ingresso, vi era lo stemma dei Cavallo Marincola, ora asportato (rubato?), si possono individuare ancora le feritoie, di cui una ampia sul lato mare, e sull’ingresso ve ne è una con incisa una data ‘1836’, presumibile quella di restauro. 
Entrando, nella torre, in prossimità della porta d’ingresso è presente un piccolo forno e nelle ampie stanze vi sono ancora attrezzi di uso contadino, tramite una scala si accede al primo piano e da qui alla terrazza. Fino a poco decenni fa era abitata, ora è in completo abbandono e si evidenziano diversi punti di cedimento. La torre aveva la funzione di avvistamento delle incursioni e di difesa del feudo, doveva essere presente un piccolo presidio armato. 
La torre è in comunicazione visiva, a nord con il torrione e a sud con torre Terina e torre Casale. 
La torre della Principessa, ancora oggi potrebbe essere riconsolidata ed adibita a spazio museale etnografico o per mostrare i reperti archeologici, in modo da illustrare la ‘storia’ che si è susseguita in questa area.

Continuando la nostra passeggiata, a poche decine di metri, lungo la stradina, sul lato collinare è stata rinvenuta una villa romana di epoca imperiale, di grandi dimensioni, di cui si sono stati riportati alla luce, recentemente, i muri perimetrali e degli splendidi mosaici, oggi sono visibili solo i muri perimetrali il resto è stato volutamente interrato per la conservazione, in attesa di ulteriori studi archeologici. 
Si lascia la torre della Principessa e si sale lungo la strada che conduce alla contrada Augurato. Stiamo calpestando il suolo dove era situata l’antica città della Magna Grecia, citata da Omero nell’Odissea, Temesa. 

La Temesa dei greci
Omero narrando le gesta di Telemaco, figlio di Ulisse, scriveva: “Con navi io giunsi e naviganti miei, fendendo le salate onde ver gente d’altro linguaggio, e a Temesa recando ferro brunito per temprato rame, ch’io ne trarro”. Temesa ebbe forte rilievo commerciale, perché riforniva i greci ai tempi di Omero, di ferro e rame, estratto dalle miniere poste nel suo territorio. Intorno al 194 a.C Temesa divenne colonia romana. 

Il mito di Eutimo e Polite.
In questa escursione è con noi Mario Aloe, che ci ricorda il mito di Eutimo e Polite che ebbe origine proprio a Temesa (472 a.c.). Il mito racconta di Ulisse, che nel suo girovagare nelle città italiche, sbarca a Temesa, ed uno dei suoi uomini, Polite, ubriaco, approfittò di una giovane donna della colonia, gli abitanti lo uccisero lapidandolo. 
Ulisse indignato dell’accaduto impose alla città pesanti tributi e lo spirito di Polite, si trasformò in un demone orrendo, di carnagione scura e rivestito con una pelle di lupo, di nome Alibante, che uccideva tutti i temesani che incontrava. Gli abitanti di Temesa, per porre rimedio al demone, si rivolsero all’oracolo di Delfi, che ordinò di sacrificare ogni anno al demone la vergine più bella della città. I temesani accettarono e costruirono un tempio tra gli ulivi selvatici, dove si sarebbe sacrificata la vergine. Un giorno il pugile locrese Eutimo, entrò nel tempio durante la cerimonia del sacrificio, si impietosi del fatto e si innamorò della vergine. Il pugile Eutimo sfidò il demone Alibante, lo vinse e lo costrinse alla fuga sprofondando nel mare.

Contrada Augurato e Mirabella



Risalendo la collina incontriamo un primo incrocio e prendiamo la stradina a destra e dopo un fabbricato diroccato, si prende la stradina a sinistra. Si raggiunge in poco tempo la contrada Augurato, un borgo di poche case in cui vi era la residenza del proprietario e poi del fattore. In questa contrada che ricorda le colline toscane, è presente un palazzo che per metà è stato ristrutturato in modo ‘moderno’ e l’altra metà mantiene il vecchio impianto. Sull’ingresso del caseggiato è presente lo stemma nobiliare, vi è anche la chiesetta di Santa Filomena, e tra la chiesa e il palazzo, vi è una bellissima fontana, denominata ‘du Peshcaru’ con un mascherone ‘apotropaico’. Nel borgo sono presenti ancora le macine del frantoio e vi sono anche due feritoie, per la difesa di eventuali attacchi di predoni. 
Si lascia questa contrada proseguendo per la stradina e si svolta alla prima a destra, si continua fino a raggiungere una seconda contrada denominata ‘Mirabella’. Anche questa è un piccolo borgo dedito ancora alla coltivazione e lavorazione dell’olive, oggi qui si possono degustare squisiti formaggi prodotti dalla azienda Pino. In questa contrada vi è una piccola chiesetta dedicata a Sant’Anna, dove è possibile entrarvi chiedendone la chiave. 
Da questa altura si ammira il panorama sul golfo di Sant’Eufemia, e se il cielo è terso si possono vedere le isole Eolie con il cono fumante dello Stromboli, e poi Salina, Panarea, Lipari, Vulcano, e se si è fortunati guardando ancora più a sud, si intravede il vulcano Etna. 
A questo punto abbiamo toccato il punto massimo di altezza e torniamo sulla strada di ritorno, ma senza rifare la strada precedentente, bensì un percorso ad anello. Volendo, in una prossima escursione, si può continuare il percorso per raggiungere Cleto. 
Dopo poche centinaia di metri si raggiunge la SS108, cioè la strada che conduce a Serra d’Aiello, la si imbocca in direzione di Campora S.G., chiudiamo l’anello raggiungendo la torre San Giovanni. 

Le contrade di Augurato e Mirabella, sono la memoria della storia contadina di questi luoghi, una storia rimasta uguale nelle abitudini, nei riti, nei modi di coltivare, nel ripetersi delle stagioni e delle generazioni, per centinaia di anni, ‘un medioevo’ durato fino ai primi anni del 1900.
E’ da ricordare che nel territorio della torre della Principessa è stato ambientato parte del racconto storicoLa Fine di un Sogno Storia di un Italiano di Mario Aloe,, che racconta le vicende della famiglia Baffa, proprietari della torre e dei terreni circostanti, durante il periodo antecedente l’unità d’Italia. 
Oggi in questa escursione eravamo: Franco Francesco StudioVentinove NaccaratoRoberto Aloe , io e Svietlana Malets, del gruppo di Camminando Onlus Amantea
‘Buen camino’ e alla prossima camminata.
Giuliano Guido!
File del percorso in kml dalla torre San Giovanni alla torre della Principessa, transitando da contrada Augurato e Mirabella